Da qualche anno a questa parte all’interno della World Whisky Awards le bottiglie di provenienza orientale si stanno distinguendo, andando a occupare le prime posizioni nelle classifiche, battendo talvolta i “colleghi” scozzesi da cui traggono origine.
In Giappone s’iniziò a distillare whisky nel 1923 ma il boom si ebbe dopo la seconda guerra mondiale, con l’avvento di pub, sostenuti spesso dalle case produttrici, dove il consumatore può acquistare bottiglie da consumare solo o in compagnia.
Usanza vuole che il whisky giapponese vada bevuto “mizuwari“, cioè diluito con acqua, in modo da facilitarne la bevibilità.
Questi distillati non si differenziano molto da quelli scozzesi, ma la caratteristica che li distingue principalmente è la più leggera torbatura. Per la produzione s’importano sia la torba sia i malti, mentre l’acqua usata è quella locale.
L’invecchiamento minimo, prima della commercializzazione, è di 3 anni, ma può anche spingersi fino a 20 anni, mentre la gradazione alcolica si attesta intorno ai 43% (esistono varietà più economiche a 40%).